La divinità venerata dai Romani aveva delle caratteristiche originariamente agricole. Si può dedurre da numerose testimonianze. Possiamo fare riferimento a due testi, sicuramente di età arcaica.
Per un po’ di tempo marzo fu il primo mese dell’anno nel calendario primitivo che gli antichi romani avevano diviso in dieci mesi; rimase in quella posizione fino al II secolo a.C., quando fu “retrocesso“ al terzo posto, dove si trova tuttora.
Il nome del primo mese dell’anno deriva da [mensis] martius, (< Mars, Martis) in onore del mitico padre di Romolo, fondatore della Città, per ricordare la bellicosità di un popolo che avrebbe creato una delle più grandi civiltà del tempo antico anche grazie al suo potente e organizzato esercito.
Il dio italico Marte è generalmente identificato con il dio greco Ares, figlio di Zeus ed Era, dio della guerra per gli antichi greci. La sovrapposizione però non è perfetta, perché il dio greco era un po’ diverso.
Per comprendere meglio le caratteristiche di questa divinità greca andiamo a rileggere qualche testo antico.
Il legislatore, politico e scrittore Solone di Atene (638 – 558 a.C.) ci lascia questa breve considerazione (autobiografica) sulla vecchiaia:
γηράσκω δ’αἰεὶ πολλὰ διδασκόμενος[1]
[gherásko d’aiéi pollà didaskómenos]
cioè: “invecchio sempre molte cose imparando”.
Mi piace confrontare questa massima con quella che si legge in una commedia di Terenzio: “Senectus ipsa est morbus”.
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