Dialogo leopardiano in latino dedicato all’anno nuovo
Il Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere di Giacomo Leopardi è uno dei brani più famosi delle Operette Morali. Nei giorni che precedono il Capodanno è spesso riletto con piacere e citato dagli amanti della letteratura: breve, incisivo, arguto e popolare; è un capolavoro.
Questo Dialogo è lo sviluppo letterario di un’idea contenuta nello Zibaldone, scritta a Firenze cinque anni prima e che si trova in calce a questo articolo.
La più recente versione latina si trova nel grande volume “Il cielo senza stelle – Operette Morali e altre prose in traduzione latina con introduzione e a cura di Enrico Renna[1]” (Edizioni Sparton, Napoli 2005); riporto la versione latina di Arturo Bini[2], letterale per quanto è possibile, scorrevole e abbastanza semplice. Se non si ha sufficiente dimestichezza con il latino, si può leggere in parallelo con l’originale leopardiano. Un ottimo modo per iniziare il Novus Annus … latinamente.
Ecco il testo latino[3]
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Barbitos βάρβιτος
Come può rivivere la musica antica
Quando si parla della musica antica spesso ci si trova di fronte a un pregiudizio difficile da vincere: la musica antica è perduta, non è rimasto nulla ed è impossibile quanto inutile cercare di recuperare il suono di strumenti che non esistono più.
È sicuramente impossibile recuperare qualunque suono antico, a partire da quello delle parole: come si pronunciava il greco ad Atene nel tale secolo? E a Sparta la pronuncia com’era? E i Macedoni avevano una pronuncia un po’ barbarica? Di fronte a tanti scrupoli dovremmo solo fare una lettura mentale dei testi greci?
Per fortuna abbiamo alcune letture convenzionali (per esempio la pronuncia erasmiana) che ci permettono di leggere un testo in greco antico e di capirlo ascoltandolo. Con le nostre pronunce imperfette possiamo ancora emozionarci leggendo e ascoltando i testi di alcuni grandi autori scritti tanti secoli fa.
Che atteggiamento prendere di fronte alla musica? Abbiamo anche dei trattati tecnici, abbiamo la consapevolezza dell’importanza della musica nella cultura greca, ma un suono non si può descrivere con le parole, un suono è una realtà immateriale.
Abbiamo però numerose raffigurazioni degli strumenti antichi giunte a noi per mezzo di quell’album fotografico straordinariamente ricco costituito dalla pittura vascolare. Da quelle raffigurazioni sono partiti illustri musicologi e musicisti per dare una forma agli strumenti e una voce ai suoni, raggiungendo risultati straordinari, di assoluta eccellenza. Dei dischi di Gregorio Paniagua e di Petros Tabouris[1] pensavo di averne già parlato in passato; rimedierò.
Oggi concentro la mia attenzione su uno strumento cordofono antico, citato da Orazio[2], il barbitos (βάρβιτος)[3].
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La forza del latino
Assistendo alla bella “Prima della Scala”, sono stato colpito dalla presenza di alcune frasi latine contenute nel libretto dell’opera verdiana La forza del destino, scritto da F. M. Piave. Le ho rintracciate e ho trovato qualche elemento interessante per sottolineare l’importanza che la lingua latina riveste nella cultura.
All’inizio del secondo atto, nell’osteria del villaggio di Hornachuelos, i presenti chiedono all’alcade di benedire la mensa. L’alcade affida l’incarico a quello che gli sembra di più alto rango, uno studente “licenziato” (laureato)[1], che è in realtà Don Carlo Vargas, in viaggio sotto il falso nome di Pereda.
Lo studente recita “di buon grado” la più classica delle formule latine di benedizione “In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti”, ricevendo l’altrettanto rituale Amen dei presenti, che ringraziano per il cibo che si accingono a mangiare.
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Πάθος - Pathos
PATHOS (PASSIONE)
Compiamo una piccola indagine intorno ad un termine significativo del lessico filosofico – il greco pathos e i suoi derivati – per cercare di capire come si sia passati da una connotazione prevalentemente negativa nel pensiero antico ad una connotazione prevalentemente positiva nella modernità.
Nel pensiero logico di Aristotele il pathos, o più esattamente il corrispondente verbo paschein (πάσχειν - patire) indica la categoria opposta e complementare al prattein, (πράττειν - l’agire); per chiarire meglio, il rapporto tra le due categorie è simile a quello che in grammatica vi è tra verbo attivo e il verbo passivo. Il “patire” indica l’essere oggetto di un’azione altrui, non il soggetto che agisce. Fin qui, nell’ambito della logica, non scorgiamo una connotazione negativa.
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Tra la vita e la morte, la lapide tombale latino-ispanica di Castelsardo
Nella cattedrale della città di Castelsardo, bellissima roccaforte sul mare nel nord della Sardegna in provincia di Sassari, si trova una lapide di marmo risalente al 1600 che ricorda due illustri personaggi locali: Giacomo e Leonardo Mayolo.
La lapide tombale, larga 100 centimetri e alta 150, è molto interessante perché in una parte incorniciata riporta inizialmente delle scritte in latino e poi le ultime tre frasi in spagnolo poiché sin dal 1448 Castelsardo era stata conquistata dagli Aragonesi che le diedero uno dei tre nomi che ebbe nella sua storia: Castel Genovese e Castel Aragonese, prima del definitivo Castelsardo, nomi che definiscono le popolazioni che ci hanno abitato.
Possiamo dividere la lapide in due parti: la cornice esterna e la zona interna.
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