Prendendo spunto da un interessante post della pagina Facebook Scripta legamus (che consiglio vivamente) che invitava alla rilettura di un’epigrafe pavese con il testo di un’elegia petrarchesca, vorrei dedicare un approfondimento sull’argomento, unito a qualche considerazione personale.
L’epigrafe si trova esposta nel Castello Visconteo di Pavia, appesa a una parete, nel contesto dei Musei Civici. Originariamente si trovava nell’antica chiesa di San Zeno[1], risalente al XII secolo, sconsacrata nel 1789 e parzialmente demolita dal proprietario, il marchese Luigi Malaspina di Sannazaro.
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Non solo nelle cronache calcistiche, ma anche nel lessico quotidiano della lingua parlata, c’è un aggettivo che si accompagna a un’infinità di sostantivi, un aggettivo che sembra buono per tutte le occasioni: importante. La sua diffusione incontrastata lo declassa nuoce ad aggettivo generico di scarso valore.
Ripercorriamone la storia, a partire dal verbo da cui deriva: il verbo latino importare.
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