Zampe di gallina si definiscono le mani di chi scrive male, in modo difficilmente comprensibile. 

Nello Pseudolus di Plauto, all’inizio del primo atto, troviamo un simpatico dialogo tra il protagonista, l’astuto schiavo Pseudolo, e Calidoro, il padroncino innamorato, che ha tra le mani una lettera della sua innamorata, Fenicia, la cortigiana che il lenone ha promesso in sposa al soldato Polymachaeroplagides.

Ecco il passo (Pseud. 20-30) con la traduzione (abbastanza libera);

Calidoro porge a Pseudolo la tavoletta con la lettera dell’amata Fenicia

CAL      Cape has tabellas tute hinc narrato tibi

            quae me miseria et cura contabefecit.

PSE      Mos tibi geretur. Sed quid hoc, quaeso?      CAL  Quid est?

PSE      Ut opinor, quaerunt litterae hae sibi liberos;

            alia aliam scandit. CAL  Ludis iam ludo tuo.

PSE      Has quidem pol credo, nisi Sibulla legerit

            interpretari alium posse neminem.

CAL      Quor inclementer dici lepidis litteris,

            lepidis tabellis, lepida conscriptis manu?

PS        An, opsecro, hercle habent quas gallinas manus?

            has quidem gallina scripsit. CAL Odiosus mihi es…

 

CAL      Prendi questa tavoletta e leggiti da solo quale infelicità, quale angoscia mi distrugge.

PS        Sarà fatto; ma cos’è questo, per favore?

CAL      Cos’è??

PS        Secondo me queste lettere cercano figli; una salta addosso all’altra!

CAL      I tuoi soliti scherzi!

PS        Questa, di sicuro, se non la legge la Sibilla, credo che nessun altro la possa interpretare.

CAL      Perché parli male di una lettera bella, una bella tavoletta, scritta da una bella mano?

PS        Ma ti prego, le galline hanno le mani? Perché questa l’ha scritta di certo una gallina!

CAL      Sei odioso!

Il servo si prende gioco del padroncino innamorato, per il quale tutto ciò che proviene dalla sua bella non può che essere grazioso; Pseudolo, che guarda questo sentimento dall’esterno, si diverte a denigrare la lettera di Fenicia, scritta con la zampa di gallina.

Nella stessa commedia troviamo un’altra metafora che ancora oggi è in uso, riferibile a chi riesce a cavarsela sfuggendo alle mani di qualcuno che lo vuole afferrare.

Al v. 747, parlando del suo amico coadiutore, Simia, servo astuto fondamentale per la riuscita del piano di Pseudolo, a Calidoro, il padroncino innamorato che vuole saper come se la potrà cavare Simia se sarà scoperto, Pseudolo risponde così: Anguillast, elabitur (È un’anguilla, scivola via).

Anguille e galline che ancora oggi ricorrono nei nostri discorsi come facevano gli antichi o, almeno, come faceva Plauto.