Non solo nelle cronache calcistiche, ma anche nel lessico quotidiano della lingua parlata, c’è un aggettivo che si accompagna a un’infinità di sostantivi, un aggettivo che sembra buono per tutte le occasioni: importante. La sua diffusione incontrastata lo declassa nuoce ad aggettivo generico di scarso valore.

Ripercorriamone la storia, a partire dal verbo da cui deriva: il verbo latino importare.

Etimologicamente il verbo importare deriva dal latino ed è formato dal prefisso in, che indica entrata, e dal sostantivo porta[1]: indica l’azione d’ingresso di una persona o di una merce attraverso la porta (della città). Possiamo pensare che tale cosa o persona provenga da un luogo diverso da quello “solito”, a noi familiare e questa diversità attiri la nostra attenzione.

Nell’antichità il verbo “importare” non aveva nessun valore metaforico, ma nella lingua italiana, a partire dal XV secolo, il suo participio “importante” e il sostantivo “importanza” assumono significati che si avvicinano a quelli della lingua attuale, riferendosi a persone autorevoli, a eventi, a cose di valore o rilevanti, che suscitano curiosità e interesse perché non comuni, non più perché vengono da lontano, ma perché sono da tenere in particolare considerazione per le conseguenze future.

È sicuramente possibile che altre lingue abbiano incrementato la diffusione di questo aggettivo (inglese e francese), ma in tempi recenti è entrato prepotentemente nel lessico corrente della lingua italiana, come un’erba tossica, che con la sua genericità soffoca la ricerca di aggettivi più appropriati.

Volendone preservare il significato bisogna limitarne l’uso, non può essere attribuito con disinvoltura a qualunque persona o cosa. Quando non era così diffuso costituiva una simpatica metafora eufemistica riferita al naso: “naso importante” era espressione che muoveva al sorriso, perché riferita un naso più vistoso che propriamente “importante”.

Proviamo a essere fiduciosi: l’uso di questo aggettivo diminuirà nel tempo, passerà (forse) di moda e torneremo a usare aggettivi qualificativi più appropriati. Quando rinunciamo alle parole più appropriate impoveriamo la lingua e, con essa, le idee.

 

Postilla calciolinguistica:

Ecco un elenco parzialissimo di parole caratterizzate da questa “qualità” usate durante una cronaca calcistica: condizione, palla, intuizione, alternativa, giropalla, sistema di gioco, occasione, spallata, fisico, squadra, scivolata, protagonista, strumento, lavoro, giocatore, rotazione, gol, impegno, appuntamento, zona… Non credevo che in una partita ci fossero tante cose così importanti J

 

[1] Anche il sostantivo maschile portus deriva dalla stessa radice.