Secondo capitolo[1]

Gli studiosi che tradussero in latino i Promessi Sposi iniziarono tardi la propria opera e si dedicarono solo ad alcuni passi del romanzo. La produzione poetica di Alessandro Manzoni invece attirò subito i latinisti, che tradussero le sue opere a volte utilizzando testi ancora in elaborazione.
Ne dà un resoconto dettagliato il volume “Di liete voglie sante” – Inni sacri ed altre poesie in traduzione latina, a cura di Enrico Renna[1], che fa parte del cofanetto comprendente anche il libro “Mala cosa nascer povero” - I Promessi Sposi ed altre prose in traduzione latina.

Il Manzoni non trascurò di ringraziare i numerosi latinisti che gli inviarono le versioni latine in cerca di un apprezzamento:

lo fece educatamente, con cortesia e umiltà.  L’esame del carteggio tra Alessandro Manzoni e i suoi traduttori e il confronto con le varianti testuali contribuiscono a ricostruire la storia dei testi manzoniani pubblicati da editori diversi in tempi diversi.

L’intensa attività dei traduttori non cessò dopo la morte del poeta e coinvolse numerosissimi latinisti, desiderosi di cimentarsi con la non facile impresa. Enrico Renna ha raccolto tutte le traduzioni pubblicate, facendole precedere da interessanti note biografiche sui loro autori.

Manzoni conosceva il latino, lesse tutte le numerose versioni latine delle sue poesie che gli furono inviate; in latino però risulta che in tarda età abbia composto l’elegia Anates, di cui parleremo in un successivo specifico articolo, e poco altro.

Il Cinque Maggio fu la prima poesia a essere tradotta in latino, poi fu tradotta in altre lingue europee (la più famosa fu quella in tedesco di Goethe); in latino ebbe il maggior numero di versioni (ben venti!). I traduttori si servirono di metri diversi: adattare i moderni versi manzoniani alla metrica antica era un’impresa complessa, una prova di bravura che fu affrontata da esperti della materia, in genere insegnanti e appartenenti al clero.

I traduttori

Alla schiera dei trentadue traduttori, originari di tutte le regioni italiane, appartiene anche uno scrittore colombiano[2]: il primo traduttore degli Inni Sacri fu Luigi Bellò (1823), la prima edizione organica in latino degli Inni Sacri fu di F. Pavesi (Poesie liriche).
Ecco una tabella con la classifica delle poesie più tradotte:

Poesia

N. versioni

Il Cinque Maggio

22

La Pentecoste

16

Il Natale

11

La Passione

9

La Risurrezione

9

Il Nome di Maria

9

Il conte di Carmagnola (coro)

4

Adelchi (coro atto IV)

4

Adelchi (coro atto III)

3

Strofe per una prima comunione

2

La scena III dell’atto II dell’Adelchi, l’Urania e Marzo 1821 hanno avuto una sola versione.

I metri usati dai traduttori

Metro usato

N. versioni

Esametro

36

Distico elegiaco

32

Strofe saffica

14

Dimetro giambico acatalettico

10

Strofe alcaica

5

Sistema asclepiadeo II

3

Asclepiadeo IV

1

Asclepiadeo III

1

Endecasillabi faleci

1

 

Al primo posto troviamo i metri più “classici” della poesia latina. Il dimetro giambico acatalettico è un verso breve che si avvicina per velocità e ritmo ai versi usati dal Manzoni. Per avere un’idea del risultato ottenuto mettiamo a confronto due strofe de Il Natale con la versione latina del Bellò.

 Testo italiano

Versione latina

Qual masso che dal vertice

di lunga erta montana,

abbandonato all’impeto

di rumorosa frana

per lo scheggiato calle,

precipitando a valle,

batte e sul fondo sta;

Ut ingens montis arduo

avulsa moles vertice,

ruinae praeceps impetu

quae tracta, magno murmure

per callis anfractum rotans

ad vallis ima volvitur,

quatitque fundum,ibique stat;

 La vivace e musicale varietà degli ottonari dà all’inno manzoniano un ritmo veloce: il primo e il terzo verso delle strofe sono sdruccioli, l’ultimo è tronco.

La versione latina, in dimetri giambici acatalettici[3], si avvicina per ritmo all’originale. Il metro riecheggia l’andamento dell’ottonario sdrucciolo, ma lo ripete in tutti i versi senza variazioni. Apprezzabile è la finezza con cui il Bellò chiude questa prima strofa, una clausola monosillabica (stat) che corrisponde letteralmente al verbo “sta” che conclude l’ottonario tronco italiano, un accorgimento particolare presente solo in questa prima strofa.

Il traduttore usa, quando può, le stesse parole del testo italiano (evidenziate in rosso), ma i versi latini ingabbiano il testo, sono ritmicamente monotoni, ripetitivi; le parole latine sono disposte secondo la retorica classica, che ama l’iperbato: il verso non scorre come in italiano, trova continui inciampi e la lettura procede faticosa.

Passiamo alla strofa che inizia al v. 64

Testo italiano

Versione latina

La mira Madre in poveri

panni il Figliuol compose,

e ne l’umil presepio

soavemente il pose;

e l’adorò: beata!

Innanzi a Dio prostrata

Che il puro sen le aprì.

Miranda vilibus Parens

Involvit illum fasciis,

suaviterque rustico

reclinatum in praesepio

adorat. Oh felix! Deo

prostrata coram, qui tibi

reclusit intactum sinum!

Riecheggiare le parole del testo originale è quasi naturale in una versione latina, ma il raffinato traduttore è attento a riprodurre i due enjambement della strofa:

  • Poveri | panni = vilibus | fasciis
  • “ne l’umil presepio | … il pose” = “in praesepio |adorat”  

E dato che non può mancare l’allitterazione in un testo latino, (anche Manzoni nel primo verso della strofa dice “mira Madre”) nei versi 3 e 4 della strofa latina troviamo un’allitterazione (rustico reclinatum) incastonata in una sonora serie di consonanti dentali e liquide.

Concludiamo questa “occhiata” alla versione latina con un apprezzamento per la versione latina, ingegnosa e piacevole, e con un’osservazione: tradurre gli Inni Sacri fu impresa complessa ma relativamente facilitata, perché i traduttori potevano contare su un repertorio lessicale dalla tradizione più che millenaria, utilizzato dalla letteratura sacra e in uso nella Chiesa. Le versioni latine degli Inni Sacri sono in grande maggioranza: l’ambito ecclesiastico in cui nacquero contribuirono a dare il primato a questa produzione.

Era possibile rendere in latino i contenuti laici e i temi civili presenti nelle odi civili e nelle poesie storiche?

[Continua...]

 

[1] Edizioni Sparton, Napoli 2010 (a tiratura limitata)

[2] Miguel Antonio Caro (Bogotà 1843 – 1909) scrittore e uomo politico, autore di due versioni del Cinque Maggio in due diversi metri.

[3] Verso costituito di otto sillabe ad andamento giambico (breve – lunga).

[1] Il primo capitolo riguarda la versione in latino dei Promessi sposi si trova qui.