Ecco il racconto della natività tratto dal primo libro (vv. 153 - 169) dell'opera Evangeliorum libri IV di Aquilino Giovenco, autore spagnolo dell'età di Costantino.

Hospitio amborum Bethleem sub moenibus urbis
angusti fuerant praeparva habitacula ruris.
Illic virgo novo completa in tempore fetu
solvitur et puerum veteri cunabula textu
involvunt duroque datur praesepe cubili.
Circa sollicitae pecudum custodia noctis
pastores tenuit vigiles per pascua laeta.

Ecce Dei monitu visus descendere caelo
nuntius, at subitus terror tremefacta pavore
prostravit viridi pastorum corpora terrae.
Talis et attonitis caelo vox missa cucurrit:
«Ponite terrorem mentis, mea sumite dicta,
pastores, quibus haec ingentia gaudia porto.
Nam genitus puer est Davidis origine clara,
qui populis lucem mox laetitiamque propaget.
Hoc signum dicam, puerum quod cernere vobis
iam licet implentem gracili praesepia voce».

Può essere utile una traduzione? Chi era Giovenco? due parole sulla sua poesia?

Di Gaio Vettio Aquilino Giovenco sappiamo molto poco: sacerdote spagnolo di nobile origine, forse di Illiberis, dedicò all'imperatore Costantino i suoi Evangeliorum libri, una dignitosa parafrasi dei Vangeli, basata sul testo di Matteo. La sua opera risulta interessante non solo sul piano linguistico e letterario, ma

anche per il testo di riferimento usato, una traduzione latina molto antica. Gli esametri e il lessico rivelano una formazione letteraria di alto livello, gli ideali
perseguiti sono segno di consapevolezza del ruolo che deve avere un poeta cristiano.

Ecco una possibile traduzione:

Sotto le alte mura di Betlemme entrambi avevano trovato ospizio in una casettina di quella povera campagna. Lì, al termine della gravidanza, partorì la Vergine; il bimbo, fasciato d'un panno vetusto, fu messo in una dura mangiatoia. Nei vicini pascoli i pastori vegliavan sul gregge, attenti ai pericoli della notte.
Ecco che un Messo, inviato da Dio, sembrò scender dal cielo; un improvviso terrore fece prostrare sulla verde terra i corpi tremanti dei pastori; a quelli, impauriti, queste parole corsero inviate dal cielo: "Deponete il terrore della mente, tenete nel cuore le mie parole, pastori, a cui porto queste grandi gioie: è nato un bimbo, dell'illustre discendenza di Davide, che presto diffonderà nei popoli luce e letizia. Questo segno vi indicherò: già potete vedere il bambino che riempie una mangiatoia con la sua tenue voce".

Il passo, ispirato a Luca (2, 1-20) ambienta la natività in un contesto pastorale povero, con note di realismo: i pastori vegliano nella notte piena di pericoli. Il clima di vigile attesa è interrotto (Ecce) dall'arrivo improvviso del nunzio divino, che porta terrore: il tono del nunzio, definito "perentorio" da L. Canali, è appena alleggerito da parole aperte alla speranza di una gioia proiettata nel futuro (ingentia gaudia, lucem, laetitiam).
Stilisticamente si notano reminiscenze virgiliane e la permanenza di retorica classica, come l'allitterazione ("p" e "t") che sottolinea il cambio di registro. La
poesia cristiana sta venendo alla luce e si lascia ancora guidare dalla grande letteratura pagana.  

Bibliografia: Claudio Moreschini, Letteratura cristiana delle origini; Aquilino Giovenco, Il poema dei Vangeli a cura di Luca Canali.