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Giovedì 23 ottobre 2014 il prof. Kemeny, alla Casa della Poesia, ha tenuto un incontro sulla poesia di Dylan Thomas (1914 – 1953); una fortunata combinazione ha fatto coincidere la data della conferenza con il centenario della nascita di questo poeta molto ammirato, morto all’età di trentanove anni dopo una vita “burrascosa”.
Nulla conoscevo di questo autore, ma mi incuriosiva il fatto che Bob Dylan avesse deciso di cambiare il proprio cognome assumendo il nome di questo poeta gallese.

La voce del poeta che risuonava nella Palazzina Liberty intratteneva gli spettatori che attendevano l’inizio della conferenza e delle letture (in italiano) dell’attore Franco Sangermano. Interessanti e illuminanti le parole di Kemeny, piacevoli le letture, ma, sul piano della multimedialità, nei miei appunti ho scritto…

“Quello che colpisce nell’ascolto di questa voce che dice parole che non sono in grado di capire al primo ascolto è che sembrano canzoni da scrivere: i suoni, il ritmo, l’intonazione sono quelli di un canto che non ha ancora trovato le note su cui appoggiarsi”.
Dylan Thomas che legge se stesso è un’illuminazione, che spiega chiaramente il valore che l’autore dava al suono e al ritmo delle parole, un elemento di logica in una poetica che non dava alla logica il primato del significato poetico.

Ascoltare la poesia “And Death Shall Have No Dominion” (E la morte non avrà dominio) direttamente dalla voce di Dylan Thomas fa comprendere in un solo momento un fondamentale elemento di poetica e il motivo della scelta di Bob Dylan  http://town.hall.org/radio/HarperAudio/020894_harp_ITH.html