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Da un po’ di tempo si moltiplicano le pagine Facebook che si occupano di lingue classiche, di archeologia e di altri aspetti della civiltà antica. Seguirle tutte è impossibile, seguirne alcune è complicato, perché in Facebook prevale sempre la notizia più recente, che sostituisce quella più “vecchia”, anche se più interessante. Che fare?
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Prendendo spunto da un interessante post della pagina Facebook Scripta legamus (che consiglio vivamente) che invitava alla rilettura di un’epigrafe pavese con il testo di un’elegia petrarchesca, vorrei dedicare un approfondimento sull’argomento, unito a qualche considerazione personale.
L’epigrafe si trova esposta nel Castello Visconteo di Pavia, appesa a una parete, nel contesto dei Musei Civici. Originariamente si trovava nell’antica chiesa di San Zeno[1], risalente al XII secolo, sconsacrata nel 1789 e parzialmente demolita dal proprietario, il marchese Luigi Malaspina di Sannazaro.
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Anche ai tempi di Marziale i libri erano cari e uno scrittore, soprattutto se non era ricco, doveva stare attento al costo della materia prima e ai costi editoriali, se voleva guadagnare con il proprio lavoro. Il poeta stesso ne parla nel primo epigramma del secondo libro dei suoi Epigrammi.
Ecco il testo accompagnato dalla traduzione, da un breve commento e una riflessione.
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Sono giunto in possesso di alcuni volumi della Biblioteca del Popolo, una collana che ebbe grande importanza per la divulgazione del sapere a partire dalla fine del XIX secolo. La storica casa editrice milanese pubblicò numerosissimi volumetti di 64 pagine nei quali si esponevano i rudimenti di tutte le scienze umane e scientifiche “in forma popolare, succinta, chiara, alla portata di ogni intelligenza”.
La mia attenzione è stata subito attirata da due volumi riguardanti la lingua latina: Grammatichetta (sic!) Latina (volume 139) e Sintassi latina (volume 281), pubblicati nel 1935.
Comincio a sfogliare il primo volume:
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Per chi viaggia verso Bologna Fontanellato è il nome di un’area di parcheggio che si trova prima di Parma, una pausa nel noiosissimo percorso rettilineo dell’autostrada A1. Fontanellato merita assolutamente una pausa più lunga per una visita: è un borgo straordinario al cui centro si trova la Rocca Sanvitale, un castello circondato da un fossato, eretto in un grande spiazzo nel quale si svolgono periodicamente mercati d’antiquariato e di golosi prodotti gastronomici.
All’interno della rocca ci sono arredi interessanti, artistiche decorazioni pittoriche di grande originalità e ambienti ben conservati e ben descritti dalle guide che accompagnano i visitatori. Il gioiello della rocca è la saletta detta di Diana e Atteone, affrescata nel 1523 per il conte Galeazzo e sua moglie Paola Gonzaga da un giovanissimo Parmigianino: le lunette raccontano il mito che Ovidio celebra nelle Metamorfosi (III, 155-sgg.); lo specchio che si trova sul soffitto è contornato dalla scritta respice finem e nel fregio si trovano alcuni versi latini.
Quanto Ovidio c’è in questa saletta?
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