Mediolani

Che Milano sia stata capitale dell’impero di Occidente, al punto da competere anche con Roma[1], non si direbbe dai miseri resti che sopravvivono ai nostri giorni. Qualche muro di mattoni, un paio di torri del Circo ampiamente rimaneggiate, qualche reperto usato come ornamento parietale e poco altro. Quello che non è stato macinato dalle talpe metropolitane è inaccessibile perché conservato all’interno di case private oppure sepolto sotto il manto stradale; quanto è esposto nel piccolo, ma vivace Museo Archeologico di Corso Magenta non è certo proporzionato all’importanza di una capitale imperiale.  

Per fortuna gli archeologi non si arrendono: scavano, trovano, studiano e valorizzano quello che resta, consentendoci di migliorare sempre più le nostre conoscenze su Milano romana.

Accompagnato dal dottor Bacchion del Gruppo Archeologico Milanese mi sono recato a visitare l’Antiquarium dell’anfiteatro romano “Alda Levi”, insieme a un gruppo dei mitici “Latinisti dell’Archivio”, un sodalizio nato nei corsi di latino dell’Archivio di Stato di Milano. Le visite sono gratuite e garantite dai volontari del Touring Club Italiano, nell’ambito della lodevole iniziativa “Aperti per voi”.

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Ultime considerazioni sui traduttori e sulle traduzioni delle opere poetiche di Alessandro Manzoni.[1] 

Ha senso tutto questo furore traduttivo esercitato applicato alle opere di uno dei padri della lingua italiana?

Il traduttore degli Inni Sacri era avvantaggiato dall’argomento in sé, perché, sul piano concettuale e lessicale, poteva contare su testi appartenenti a una lunga tradizione di autori latini cristiani.

Tradurre la poesia civile era più complesso; i traduttori del Cinque Maggio furono numerosi e diedero prova di grande tecnica usando metri anche rari o complessi. Molto meno numerosi furono i latinisti che si cimentarono nella versione di altri componimenti “laici”[2]. Il campo era nuovo, si era in pieno Risorgimento, dove dominavano temi, argomenti, parole di un mondo nuovo e diverso da quelli passati.

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Secondo capitolo[1]

Gli studiosi che tradussero in latino i Promessi Sposi iniziarono tardi la propria opera e si dedicarono solo ad alcuni passi del romanzo. La produzione poetica di Alessandro Manzoni invece attirò subito i latinisti, che tradussero le sue opere a volte utilizzando testi ancora in elaborazione.
Ne dà un resoconto dettagliato il volume “Di liete voglie sante” – Inni sacri ed altre poesie in traduzione latina, a cura di Enrico Renna[1], che fa parte del cofanetto comprendente anche il libro “Mala cosa nascer povero” - I Promessi Sposi ed altre prose in traduzione latina.

Il Manzoni non trascurò di ringraziare i numerosi latinisti che gli inviarono le versioni latine in cerca di un apprezzamento:

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Riflessioni sul libro “I Promessi Sposi ed altre prose in traduzione latina, a cura di Enrico Renna, 2010 Edizioni Sparton, Napoli, Intro XLVIII + pagg. 303.

In questo volume, a tiratura limitata, sono raccolte le versioni in latino di alcune parti del romanzo e di altri testi in prosa del Manzoni; il libro è stampato su carta di buona qualità, corredato di immagini interessanti che testimoniano il paziente e appassionato lavoro del curatore che si è mosso tra archivi storici e raccolte private.

La prima informazione che colpisce è che non risultano versioni latine del romanzo scritte nell’Ottocento;

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L’anacronismo del titolo è voluto: Catullo ha ricevuto un regalo, sì, ma non per Natale (ovviamente), ma per i Saturnalia, una festa che cadeva alla fine dell’autunno: ai tempi di Augusto duravano tre giorni, terminavano esattamente (avverbio un po’ esagerato per l’antichità) a. d. XIV kal. Ian.1, erano giorni di festa, in cui si scambiavano regali e si scherzava celebrando i tempi felici dell’età dell’oro di Saturno. Era una festa che assomigliava un po’ al carnevale (per gli scherzi) e un po’ al Natale (per i regali).

Nel carme XIV Catullo racconta di aver ricevuto in dono dall’amico poeta Calvo un’antologia di poetastri, uno scherzo maligno fatto a un raffinato poeta, il più grande dei poëtae novi.
Un affronto di tale portata meritava una degna vendetta: il giorno successivo Catullo promette...

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