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Ho ricevuto la bella foto di un marmo della collezione Torlonia, che raffigura un venditore di carni intento al lavoro nella sua bottega. Si vedono gli animali in vendita, esposti a testa in giù come si usava fino a non molto tempo fa. Si distinguono delle oche, un coniglio, due maiali e, in alto, compare un'epigrafe particolare, che cita alcuni versi di Virgilio.
L’epigrafe incisa sul marmo esposto nella mostra "I marmi di Torlonia", chiusa nel febbraio di quest'anno, è stata commissionata a un artista di alto livello...
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Giovanni Verga e il latino
In chiusura della mia avventura verghiana vorrei aggiungere alcune considerazioni che riguardano possibili rapporti tra lo scrittore e la lingua latina.
Certamente Verga ha studiato il latino, ma nella sua attività di scrittore non mi risulta alcun componimento in latino. Rivolgendosi all’Italia appena unita, non volle esprimersi in dialetto e non poteva certamente usare la lingua latina. Nel campione di lettere che mi è capitato di leggere ho solo trovato qualche frase latina di circostanza, luoghi comuni che fanno parte del lessico privato e pubblico di una persona colta, nulla più.
Ma nei libretti delle due Cavallerie il latino c’è…
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Ultime considerazioni sui traduttori e sulle traduzioni delle opere poetiche di Alessandro Manzoni.[1]
Ha senso tutto questo furore traduttivo esercitato applicato alle opere di uno dei padri della lingua italiana?
Il traduttore degli Inni Sacri era avvantaggiato dall’argomento in sé, perché, sul piano concettuale e lessicale, poteva contare su testi appartenenti a una lunga tradizione di autori latini cristiani.
Tradurre la poesia civile era più complesso; i traduttori del Cinque Maggio furono numerosi e diedero prova di grande tecnica usando metri anche rari o complessi. Molto meno numerosi furono i latinisti che si cimentarono nella versione di altri componimenti “laici”[2]. Il campo era nuovo, si era in pieno Risorgimento, dove dominavano temi, argomenti, parole di un mondo nuovo e diverso da quelli passati.
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Secondo capitolo[1]
Gli studiosi che tradussero in latino i Promessi Sposi iniziarono tardi la propria opera e si dedicarono solo ad alcuni passi del romanzo. La produzione poetica di Alessandro Manzoni invece attirò subito i latinisti, che tradussero le sue opere a volte utilizzando testi ancora in elaborazione.
Ne dà un resoconto dettagliato il volume “Di liete voglie sante” – Inni sacri ed altre poesie in traduzione latina, a cura di Enrico Renna[1], che fa parte del cofanetto comprendente anche il libro “Mala cosa nascer povero” - I Promessi Sposi ed altre prose in traduzione latina.
Il Manzoni non trascurò di ringraziare i numerosi latinisti che gli inviarono le versioni latine in cerca di un apprezzamento:
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Riflessioni sul libro “I Promessi Sposi ed altre prose in traduzione latina, a cura di Enrico Renna, 2010 Edizioni Sparton, Napoli, Intro XLVIII + pagg. 303.
In questo volume, a tiratura limitata, sono raccolte le versioni in latino di alcune parti del romanzo e di altri testi in prosa del Manzoni; il libro è stampato su carta di buona qualità, corredato di immagini interessanti che testimoniano il paziente e appassionato lavoro del curatore che si è mosso tra archivi storici e raccolte private.
La prima informazione che colpisce è che non risultano versioni latine del romanzo scritte nell’Ottocento;
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