Che Milano sia stata capitale dell’impero di Occidente, al punto da competere anche con Roma[1], non si direbbe dai miseri resti che sopravvivono ai nostri giorni. Qualche muro di mattoni, un paio di torri del Circo ampiamente rimaneggiate, qualche reperto usato come ornamento parietale e poco altro. Quello che non è stato macinato dalle talpe metropolitane è inaccessibile perché conservato all’interno di case private oppure sepolto sotto il manto stradale; quanto è esposto nel piccolo, ma vivace Museo Archeologico di Corso Magenta non è certo proporzionato all’importanza di una capitale imperiale.  

Per fortuna gli archeologi non si arrendono: scavano, trovano, studiano e valorizzano quello che resta, consentendoci di migliorare sempre più le nostre conoscenze su Milano romana.

Accompagnato dal dottor Bacchion del Gruppo Archeologico Milanese mi sono recato a visitare l’Antiquarium dell’anfiteatro romano “Alda Levi”, insieme a un gruppo dei mitici “Latinisti dell’Archivio”, un sodalizio nato nei corsi di latino dell’Archivio di Stato di Milano. Le visite sono gratuite e garantite dai volontari del Touring Club Italiano, nell’ambito della lodevole iniziativa “Aperti per voi”.

Le informazioni principali tecnico-storiche si trovano sul sito di Milano archeologia esauriente e completo, dove si trova anche una scheda dedicata alla grande archeologa Alda Levi, che ebbe un ruolo di primo piano nel recupero di Milano Romana.

Gli studi hanno classificato l’anfiteatro di Milano come terzo per dimensioni dopo quelli di Roma e Capua: un edificio di quasi 40 m. di altezza che è stato usato come cava di materiali da costruzione con il progressivo abbandono della funzione originaria.

Ecco due note di commento a tre stele che si trovano nella sala principale, interessanti ognuna per un motivo diverso.

 

 

 

 

La prima risale al II secolo a.C. e fu riutilizzata nel I d.C.; è stata trovata a faccia in giù, usata come lastra di soglia. Intorno all’immagine (illeggibile) la sigla T(estamento) F(ieri) I(ussit), cioè “fece fare per testamento”; sotto si può leggere Virullus | Ambussi F(ilius) | Brocco F(ilio) “Virullo figlio di Ambusso, al figlio Brocco”.

L’epigrafe più recente si trova sotto: Senecioni l(iberto) | C(aio) Brocco Cetron(io) |nepoti pissimo | et …C..ssumiu… | Q(uintus) Virullus sibi et | …. |i(n) front(e) p(edes) XXV | In agr(um) p(edes) XXVI  “Al liberto Senecione, a Caio Brocco Cetronio nipote devotissimo Quinto Virullo per sé e …  | 25 piedi sul fronte e 26 verso il campo.

Il riuso di un’epigrafe è sempre frequente, ma è interessante notare la permanenza di una famiglia locale, con i suoi nomi locali.

La seconda è un’edicola a dado, dedicata a Sex(to) Coelio Sex(ti) f(ilio) Sur(o) | Mediolanensi “A Sesto Celio Siro, figlio di Sesto, Milanese”. La professione del defunto era forse quella di astrologo o architetto, come fanno pensare la squadra e il filo a piombo o il copricapo. Il volto è illeggibile, il nome Suro (Siro) può far pensare a un’origine orientale, un milanese acquisito.

 

 

 

 

 

 

 

La terza stele, più particolare, è quella del gladiatore Urbico, un secutor (inseguitore) morto giovanissimo e immortalato dalla famiglia in una lunga iscrizione, che racconta in sintesi la sua vita breve e nell’ammonimento finale ricorda come non fosse “normale” che il gladiatore vincitore uccidesse il vinto e minaccia vendetta.

Il cane raffigurato potrebbe ricordare l’animale che lo coadiuvava nella funzione di secutor (aizzatore), oppure, più poeticamente, simboleggiare il mondo degli affetti domestici da lui prematuramente lasciati.

D(is) M(anibus) || Vrbico secutori | primo palo nation(e) Florentin(o) qui pugnavit (ter decies) | vixit ann(os) (duos et viginti) Olympias | fìlia quem reliquit mesi (quinque) | et Fortunesis filia(e) | et Lauricia uxsor | marito bene merenti] | cum quo vixsit ann(os) (septem), \ Te moneo ut quis quem vic(e)\rit occidat. Colent Manes amatores ipsius.

Agli Dei Mani. A Urbico, inseguitore di prima fila, fiorentino di origine, che combatté 13 volte, visse 22 anni; Olimpia sua figlia che lasciò di 5 mesi, la figlia Fortunense, e la moglie Lauricia (dedicano) al marito benemerito, con cui visse sette anni. Ti avviso, chiunque tu sia che uccidi chi hai vinto: i suoi tifosi onoreranno i Mani di Urbico.

Il parco all’aperto è ancora chiuso, i lavori sono in corso e il progetto sembra bellissimo: sta nascendo il parco archeologico più grande di Milano.


 

 

[1] Così Ausonio celebra Milano nell’Ordo urbium nobilium