È arrivato il momento di occuparci della celebre pagina di pergamena interamente miniata da Simone Martini nel 1338, opera preziosa e rara che nobilita ulteriormente il volume. Petrarca commissionò un’opera eccezionale all’amico famoso, che ebbe così l’occasione di dare dimostrazione della propria arte.

La miniatura risente della cultura allegorica del tempo: in alto a destra, sdraiato all’ombra di un albero, domina la scena Virgilio, raffigurato con un calamo in mano e con un anacronistico libro aperto. L’albero rappresenta il faggio sotto il quale si riposa il pastore Titiro nel celebre incipit dell’Ecloga I. Lo sguardo del poeta è rivolto al cielo, fonte di ispirazione.

Vicino ad Enea compare un personaggio nell’atto di togliere un velo, girandosi verso Enea e i lettori: è Servio[1] l’autore del commento e delle note che, in margine al testo, “svelano” ai lettori l’opera virgiliana.

In basso si trovano due cartigli che racchiudono due distici; a destra sono raffigurati un pastore che munge una pecora e un agricoltore intento a potare le piante, entrambi con lo sguardo rivolto in alto a destra, in direzione di Virgilio. Chiara è l’allusione alle tre opere maggiori, disposte in ordine di importanza.

I cartigli contengono questi due distici, impreziositi dall’aggettivo composto altiloquus, un neologismo petrarchesco ispirato all’epica antica.

Ytala praeclaros tellus alis alma poetas
sed tibi Graecorum dedit hic attingere metas

Servius altiloqui retegens archana Maronis
ut pateant ducibus, pastoribus atque colonis
Italica terra nutrice, tu nutri illustri poeti
ma qui ti fece toccare le mete dei Greci.

Servio che svela gli arcani del sommo Marone
che chiari siano a condottieri, pastori e coloni.

Nella stessa pagina, In calce, fuori dal quadro, si trova un distico con cui il poeta rende omaggio all’amico pittore. Interessanti le grafie arcaiche “ch” e “y” in luogo di “c” e “i”.

Mantua Virgilium qui talia carmina finxit

Sena tulit Symonem dygito qui talia pinxit.

Mantova fece nascere Virgilio che compose tali versi

Siena Simone che tali bellezze a dito dipinse.

 L’immagine della miniatura di Simone Martini è riprodotta nel grande mosaico che si trova nell’abside della Sala dell’Esedra all’Ambrosiana, alla base della scala; il prefetto della Biblioteca Giovanni Galbiati, in occasione del bimillenario virgiliano (1930), lo fece realizzare dai pittori Carlo Bocca (1901-1997) e Giovanni Buffa (1871-1954) e dal mosaicista Rodolfo Gregorini. Forse fu un buon auspicio. Dopo alcuni anni il prezioso volume del poeta sarebbe tornato dalla Francia all’Istituzione che lo aveva per prima accolto e conservato con cura e orgoglio.

(3- continua)

 

[1] (fine IV sec. d.C.)